MESSAGGIO DI PASQUA 1995
                    
                  Miei cari, sono ancora qui con voi per farvi giungere il mio messaggio di Pasqua, che
                  nasce da un amore crocefisso. In una gelida notte di dicembre nacque Gesù; in un tiepido
                  mattino d’aprile nacqui io, fragile creatura nel segno della croce, nel giorno in cui si adora la
                  croce: il venerdì santo. Questo, per me, il sigillo del Padre; questo il mio itinerario di vita, la
                  mia consolazione, la mia forza.
                  
                  Nella sua infinita misericordia e sapienza, il Signore ha preparato per me un corpo
                  debole, per il trionfo della sua potenza d’amore. La stessa forza misteriosa, che ribaltò la
                  pietra del sepolcro e vinse la morte, quella stessa forza continua a irradiarsi nel mondo per
                  riparare, supplire, liberare, redimere mediante il perenne sacrificio degli innocenti e
                  l’adesione coraggiosa delle anime generose, aperte al progetto di Dio. Proprio per questo, il
                    Signore suscita in ogni tempo anime innamorate del crocefisso, disposte ad imitare Cristo. A
                      loro affida la missione sacerdotale, profetica e regale di Gesù , rimasta incompiuta. Per queste
                  anime predilette dal Padre, Cristo è il maestro interiore, l’amico, il modello dell’amore
                  crocefisso, l’esempio del servo sofferente, che impara l’obbedienza dal suo patire e, per
                  amore, tutto soffre, tutto sopporta, tutto perdona, fino al “consummatum est”, divenendo così
                  forza di unione e ponte spirituale tra la terra e il cielo. 
              Sentendomi onorata da questa nobile chiamata,
                in virtù del santo battesimo e della croce affidatami, il mio cuore riconoscente
                  esulta di gioia, loda e ringrazia il Signore, che si è fidato di me, nonostante la mia miseria, la
                  mia nullità. Lodo e benedico il Signore per la croce, di cui mi ha fregiata, perché
                crocifiggendo la mia carne, ha pure crocifisso i miei pensieri, i miei affetti, i miei desideri, e
                persino la mia volontà, per fare di me sua gradita dimora, suo compiacimento, suo tabernacolo vivente.
                
                Grazie alla croce di Cristo, oggi posso, quindi, affermare con l’apostolo Paolo che
                “Non sono più io a vivere, è Cristo che vive e opera in me”. Grazie alla croce, la mia vita,
                  apparentemente spezzata, sterile, vuota, ha pian piano acquistato significato. Anche nella
                malattia, nella sofferenza, una creatura come me ha potuto e può ancora rendersi utile,
                offrendo a Dio i meriti della sua croce, in unione a quella di Cristo ed elevare preghiere di
                intercessione per la salvezza dell’umanità. Con Cristo, in Cristo, per Cristo, la croce è
                diventata la mia compagna di viaggio, ogni pena m’è diletto, pensando alla meta. Gesù è il
                mio angelo consolatore, il buon Cireneo, pronto a soccorrermi, quando la croce diventa troppo
                pesante. Credo, infatti, che sia proprio Lui a soffrire in me e a portare la mia croce nei
                  momenti più duri della prova. Credo che sia Gesù in me a pregare il Padre, come fece sulla
                  croce, offrendosi ed invocando il perdono dei peccatori. Durante la prova il buon Dio mi
                concede talvolta una pausa: è questa la quiete dell’anima mia, il riposo del mio corpo.
                Grazie a Dio, il dolore per un breve tempo scompare e una tiepida dolce luce mi
                avvolge come un tenero abbraccio. E’ la presenza del Padre, che si commuove fino alle
                lacrime, si compiace della mia offerta, della mia obbedienza e mi comunica il suo amore
                riconoscente. Il suo abbraccio è il balsamo che guarisce le mie piaghe, la forza che accresce in
                me la fede, la speranza della meta, la carità, il coraggio nel soffrire. 
              In questo mare sconfinato di amore e di tenerezza,
                l’anima mia esulta, come quello di Maria, e dal profondo del mio
                cuore sale a Dio un cantico di lode, di benedizione, di gratitudine per quello che Egli ha fatto
                e che fa nella mia vita. E’ il momento culminante della mia preghiera, in cui la divina potenza
                d’amore opera in me, mediante l’offerta del sacrificio e mi fa sperimentare momenti di
                resurrezione, dopo momenti di morte, vincendo in me il dolore e la paura della croce.
                
                Quale tesoro nasconde il dolore! Quanta sapienza nella croce! Bisogna pregare il buon Dio che
                riveli a tutti il segreto e la potenza del dolore, ma soprattutto che dia a ciascuno un animo
                docile e generoso, disposto ad accettare con cuore grato le piccole e grandi croci della vita,
                come doni di Dio. Solo così, infatti, l’uomo consente al Padre di trasformare la sofferenza
                umana in potenza di resurrezione, che dona giovinezza e forza allo spirito e trasforma il
                peccato in grazia. Tante sono le croci dell’uomo, ma ve n’è una per ciascuno di noi, dalla
                quale dipende tutta la nostra salvezza e la redenzione dei fratelli, dei quali il Padre ci elegge
                custodi. Questa è la croce di Cristo, la croce che dobbiamo imparare di più, cominciando a
                convivere serenamente con essa tutti i giorni della nostra vita, finché vorrà Dio, attraversando
                fiduciosi e pazienti ogni difficoltà, anche le più tremende, sicuri di avere per compagno Gesù,
                  nostro scudo, nostro baluardo, nostra potente salvezza. Il nostro combattimento spirituale è
                così affidato a Cristo, che soffre e prega per noi, giungendo coraggiosamente alla meta senza timore. 
                Questo è il segreto della croce. 
              Vi invito quindi a pregare davanti alla croce, sempre,
                per ottenere da Gesù il suo Spirito, che non è spirito di timidezza dinanzi al dolore, ma Spirito
                d’amore, che fuga il timore e vince il dolore, perché l’amore è più grande di ogni dolore. Uniti
                a Cristo, è possibile perfino amare la croce e soffrire con dignità, pronti a consegnarci nelle
                mani di Colui,che, solo, sa trarre dal dolore la gioia. Si, fratelli, la gioia nasce dal dolore,
                  perché la gioia è frutto della sofferenza. Quindi, gioia e dolore sono facce della stessa
                  moneta: la vita. Allora, coraggio, uniamoci tutti a Cristo e partecipiamo alla sua sofferenza,
                mediante l’offerta di noi stessi. Ricordiamo che, se partecipiamo alla sua morte, un dì saremo
                anche partecipi della sua gloria, perché non c’è resurrezione senza morte.
                Nuccia